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giovedì 25 novembre 2010

ma poiche ho parlato per e dell'associazione inserisco il testo

IL VERDE,
PER LA SEGNALAZIONE E LA RIQUALIFICAZIONE DEI PERCORSI FRANCIGENI

Partecipo a questo incontro come rappresentante dell’Associazione di volontariato Moti Carbonari - Ritrovare la Strada, associazione che ho contribuito a fondare.
Il gruppo è costituito da cittadini, di diversa età, attività e formazione, che si propongono di svolgere un’azione propositiva e operativa per il recupero e la manutenzione dei vicoli carbonai e dei percorsi storici e panoramici verso San Miniato, con l’intento di aggiungere valore e significato al centro storico, che viene così a riappropriarsi di alcune importanti risorse storiche e paesistiche.
Moti carbonari si è costituita nel giugno di quest’anno ed ha preso in gestione dal Comune, dal mese di agosto, il tratto del vicolo carbonaio da via Gargozzi porta a via Carducci, riuscendo da allora, tramite l’opera diretta degli iscritti, a portare molto avanti i lavori di pulitura, consolidamento e ripristino.
Il nostro gruppo ritiene di poter contribuire, tramite l’impegno civile e il lavoro manuale, a rendere attuabili alcune idee progettuali evidenziate da oltre vent’anni dagli strumenti di pianificazione, ed in parte attuate, quali appunto il recupero dei vicoli carbonai, che difficilmente nell’immediato potrebbero essere realizzate e soprattutto mantenute.
Abbiamo parlato dei vicoli carbonai, ma Moti carbonari, insieme all’associazione architettura e territorio, s’impegna anche per il recupero delle strade storiche di cui si sta perdendo il tracciato, come si può riscontrare ad esempio dal confronto tra le carte IGM del 1942 e le carte di base del piano strutturale, dove tratti d’importanti strade storiche sono addirittura scomparsi.
Tra queste via delle Casine, via Ribaldinga, via di San Pietro alle Fonti, via di Scacciapuce ed altre, alcune riutilizzabili come percorsi pedonali e ciclabili, l’ultima come straordinario tracciato panoramico parallelo e vicinissimo al centro storico.
Intendiamo quindi operare attraverso l’attività culturale e manuale, con interventi liberi e gratuiti capaci di generare aggregazione tra i cittadini e gratificazione per i risultati ottenuti e ci sentiamo inseriti nell’ ampio movimento internazionale per la tutela ed il recupero di spazi pubblici dismessi o trascurati, che possano contribuire al miglioramento della vita dei cittadini, movimento di cui si può trovare numerosi esempi in rete.
Per i fine settimana del tartufo abbiamo organizzato, presso la saletta riunioni dell’Agenzia Ciulli, tre incontri nel primo dei quali, il professor Francesco Salvestrini ha parlato della storia di San Miniato e dei suoi vicoli carbonai, mentre nel secondo si è affrontato il valore che il recupero dei vicoli può aggiungere alla città d’oggi, di cui da più parti si teme il degrado ed è stata illustrata dai tecnici del Comune la bozza di un importante progetto per il recupero del tratto contiguo a quello che abbiamo preso in gestione noi, da via di Gargozzi al vicolo di Borghizzi.
Nell’ultimo incontro, che si terrà tra due giorni, nel pomeriggio di sabato 27, il professor Marco La Rosa parlerà della vegetazione del territorio di San Miniato, prospettando la possibilità di organizzare lungo il vicolo un percorso botanico, mentre l’architetto Riccardo Lorenzi parlerà della città nei suoi rapporti con i vicoli ed il paesaggio e il signor Mario Caponi racconterà della vita quotidiana nel vicolo prima della seconda guerra mondiale.
Per il 28 mattina è organizzata nell’ambito di “mangiari e camminari” una visita/safari fotografico del tratto recuperato dei vicoli carbonai, che avevano al tempo delle fortificazioni il ruolo difensivo che ha determinato il loro nome.
La visita al tratto del vicolo inizia alle ore 10 dal bellissimo orto della Misericordia in via Augusto Conti.
Speriamo che il tempo ci aiuti.

Si sa che il territorio toscano è intensamente antropizzato ed in continua evoluzione. I caratteri dei paesaggi collinari che si conoscevano fino agli anni sessanta/settanta del secolo scorso si erano formati da meno di duecento anni sulla scorta delle indicazioni della scuola agraria toscana e si sono rapidamente dissolti nel secondo dopoguerra con la meccanizzazione agraria. Come saranno stati questi luoghi attraversati dalla via Francigena nel medioevo? Coperti da fitti boschi o crinali brulli che permettevano di controllare un territorio a largo raggio e a grande distanza? Saranno stati percorsi ben definiti e transitabili o incerti sentieri entro pendici scavate dalle acque, come descrive tanti secoli più tardi il Landeschi?
Sono specializzata in architettura del paesaggio e dal 1995 al 2000 mi sono liberamente interessata, insieme ad alcuni amici, della via Francigena, sia a ambito locale che internazionale.
Ho seguito lo svilupparsi del progetto di valorizzazione del percorso, redatto nel ‘93 dal Dipartimento del Turismo Italiano, che, approvato dalla Commissione Europea (XXIII D.G.), nell’ambito del piano di azione comunitario in favore del turismo e, dopo aver ricevuto il riconoscimento di “Itinerario culturale del Consiglio d’Europa” ed il patrocinio dell’Unesco, é stato fatto proprio dalle regioni europee interessate, che sono divenute così direttamente responsabili della valorizzazione del tracciato da Canterbury a Roma.
Oltre a numerosi convegni preparatori ho seguito l’incontro internazionale del febbraio 1995, nella sala della Protomoteca del Campidoglio e la presentazione del volume “La via Francigena, le grandi vie del pellegrinaggio” redatto dal Touring Club Italiano, che proponeva di trasformare il messaggio culturale in una proposta di viaggio attraverso i paesi d’Europa.
Da queste premesse ha trovato origine la proposta formulata dell’ottobre ‘95 nel corso del convegno internazionale EFLA di Aix Les Bains, da un gruppo di architetti del paesaggio iscritti all’associazione AIAPP (Enrico Auletta, Giovanni Benatti, Caterina Mandirola, Silvia Felli ed io), che aveva l’intento di mettere in movimento interventi coordinati di architettura del paesaggio che, sviluppandosi lungo l’itinerario europeo, potessero contribuire a valorizzarlo, recuperarlo e segnalarlo.
L’obiettivo della proposta era di rendere i paesaggisti promotori di una grande operazione culturale tesa ad introdurre e consolidare nelle varie culture europee il concetto di paesaggio come valore prioritario.
Proponevamo ai paesaggisti EFLA di sostenere e stimolare presso le varie amministrazioni locali gli interventi di architettura del paesaggio, come segnale connotatore di questo percorso storico, che per mille miglia attraversa l’ Europa.
L’iniziativa rivendicava l’importanza dell’intervento dei paesaggisti in un’operazione d’alto livello scientifico, permettendo di collegare con il “fil rouge” del percorso, gli interessi culturali e professionali degli architetti del paesaggio delle regioni europee attraversate.
La nostra idea fu molto apprezzata in quella sede e fatta propria dall’allora comitato dirigente (il presidente EFLA Jef de Gryre e la professoressa Annalisa Maniglio Calcagno, direttrice della scuola di specializzazione in architettura del Paesaggio di Genova), comitato che mi auguro abbia portato avanti almeno in parte l’iniziativa.
Nello stesso periodo il nostro gruppo di studio presentò una richiesta d’emendamento alla proposta di legge Caccavari, Fumagalli e altri, relativa al recupero culturale, ambientale e turistico della Via Francigena, richiedendo che specifici interventi di architettura dl paesaggio avessero la possibilità di essere finanziati in forma autonoma, in quanto portatori di propri valori culturali ed elemento significativo per la valorizzazione turistica del territorio.
La richiesta di emendamento fu integralmente accolta.
Le proposte da noi illustrate e sollecitate a livello regionale ed a livello locale per raggiungere gli obiettivi descritti, in cui la ricomposizione del paesaggio diveniva parte integrante del percorso francigeno, non hanno ottenuto purtroppo alcun ascolto a nessun livello, perchè probabilmente al tempo non si capiva quali ritorni turistici ed economici potessero pervenire al territorio dall’iniziativa.
Dopo la mancata concessione del finanziamento richiesto nel ’97 dalla Società Consortile Promozione Risorse Sanminiatesi in occasione del Giubileo, per il progetto di riqualificazione del tratto del percorso di Sigerico compreso nel territorio comunale e il disinteresse più assoluto per il progetto di studio per la valorizzazione ed il recupero paesaggistico del tratto sanminiatese della Francigena redatto dai paesaggisti Anna Braschi, Francesco Battaglia, Pierluigi Costa, con la consulenza della dottoressa Alessandra Cenci per gli studi storici e del dottor Vanni Desideri per gli studi archeologici, l’attività del nostro gruppo sul tema Francigena rallentò fino ad esaurirsi.
Allora si diceva che “ I tempi non erano maturi”.
Dal duemila ad ora molte cose sono cambiate, è stata ritrovata San Genesio, che era proprio dove diceva la lapide sulla cappella lungo la Tosco Romagnola ed il tratto sanminiatese della via di Sigerico, già delineato in vari testi e con particolare chiarezza in “la via Romea” di Giovanni Caselli e nell’articolo dell’architetto Mauro Ristori pubblicato ormai molti anni fa su “L’universo”, trova ampia conferma.
Dalla fine degli anni novanta ad ora sono stati approfonditi ed affinati gli studi sui tracciati della Francigena, fatti molti convegni, pubblicati libri, messi segnali turistici, organizzati ripetuti percorsi guidati ma, soprattutto, continuamente gruppi di pellegrini stanno attraversando il nostro territorio, discreti, misurati, concentrati sulla loro meta.
La Francigena è diventata sempre più nota, tanto da trasformarsi da un itinerario culturale, in un marchio, come ho sentito dire, un possibile affare, in fase di attento studio, una risorsa territoriale di alto valore storico e spirituale, che viene ad intrecciarsi con la città antica: i monumenti e le istituzioni sociali e culturali, con il sistema museale, coi percorsi del vino e dell’olio, con la valorizzazione di specifici prodotti locali, con la produzione artigianale ed industriale e ora con il tesoro del territorio, il tartufo.
La Francigena si presenta quindi in questo momento come un’ulteriore, importantissima risorsa del territorio, da sostenere ed utilizzare per farlo conoscere a fondo ed apprezzare in tutti i suoi aspetti.
Proprio ora che i tempi sono maturi e che a più livelli si è raggiunta la coscienza dell’importanza di questo tracciato ed anche in rapporto all’importante lavoro svolto ed ancora da svolgere per la ricognizione e lo studio di San Genesio, che credo abbia in questo momento qualche difficoltà di finanziamento, mi sembra, dopo tanti anni, che la proposta di connotazione e riqualificazione dei percorsi francigeni, attraverso opere di architettura del paesaggio diventi ancor più significativa. D’altra parte questa proposta si incrocia con i criteri di buona gestione delle aree boscate per la conservazione del bene tartufo.
Alcuni esempi per chiarire cosa intendo: l’area di scavo di San Genesio confina con una moderna azienda vinicola, regolarmente insediatasi prima della riscoperta del sito, segnalata da numerosi ed alti depositi d’acciaio inossidabile, che si è cercato in più modi di schermare con scarsi risultati. Questo problema potrebbe essere affrontato da un efficace progetto di architettura del paesaggio.
Da qui il percorso si dirige verso la collina di Calenzano costeggiando la chiesa di Sant’Angelo che è stata la parrocchia del canonico Landeschi dove, alla fine del 700, con le sue proposte e la sua opera pastorale, introdusse il sistema delle coltivazioni ciglionate per la conservazione del suolo, il miglioramento della regimazione idraulica e della situazione di vita dei suoi parrocchiani, introducendo gli studi che saranno sviluppati nel tempo dalla scuola agraria toscana e, a pochi chilometri da lì, dal marchese Ridolfi e dal Testaferrata a Meleto. Qui sono i luoghi delle sue prime sperimentazioni e, probabilmente, vi si conserva qualche traccia delle coltivazioni che sarebbe possibile rimettere in luce e valorizzare, integrando il significato paesistico e spirituale del percorso ed il senso del luogo. Da qui una strada vicinale porta a via di San Pietro alle Fonti e, con una leggerissima pendenza, a San Miniato, dove sfocia nella piazza di Pancole, con un accesso perfettamente conservato.
Superato lo Spedaletto di Calenzano, la via Francigena volge a sinistra, lungo un tratto di strada pochi decenni fa ampliata e consolidata, per permettere l’attraversamento dai veicoli pesanti diretti verso la discarica di Casa Carraia, sorretta ed affiancata da brutali e vistosi muri di masselli a gravità in calcestruzzo.
Sarebbe importante intervenire alla sua ricomposizione con lavori di schermatura, che credo fossero al tempo previsti e richiesti per l’approvazione del progetto.
Il tracciato, superato il fabbricato diroccato di Baccanella, volge verso la collina e diventa sempre più impraticabile per l’attraversamento di grandi macchine operatrici; dovrebbe quindi essere opportunamente ricomposto e segnalato......ma forse parte di quanto auspico è stato già da tempo realizzato.
E’ evidente che Interventi di ricomposizione e valorizzazione sarebbero ipotizzabili lungo tutto il percorso, in quanto la presenza della via Francigena è legata a leggeri segni paesistici ed a persistenze storico testimoniali importanti, ma difficilmente percepibili, tra cui fondamentali le fonti cui si riferiscono i toponimi Fontanellone, casa Fontana ecc. punti salienti del percorso, o altri segni di riferimento, di cui è opportuno facilitare ed orientare la lettura.
Ritengo quindi che sia anche in questo momento significativo proporre per la via Francigena interventi di architettura del paesaggio che prevedano, dico citando integralmente il frammento di una relazione di oltre quindici anni fa: “la valorizzazione di tratti di paesaggi storici, l’inserimento di appropriati apparati di vegetazione utili alla riconoscibiltà del percorso, la ricomposizione dell’intorno delle emergenze architettoniche e storico testimoniali a questi connesse e di aree degradate collegate al tracciato o alla viabilità ad esso afferente”.

La nostra associazione Moti Carbonari Ritrovare la Strada si augura che a simili interventi sulla Francigena si possa affiancare il recupero di tanti percorsi storici interrotti e degli stessi vicoli carbonai che costituiscono tramite ed aggancio di San Miniato con il territorio circostante e con tutti i tracciati viari storici che ne provengono, in modo che la città possa essere meglio essere compresa e leggibile in tutto lo spessore della sua storia.

25 novembre 2010 Anna Braschi

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