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martedì 23 agosto 2011

mura loquuntur

MURA LOQUUNTUR: stazioni di un percorso carbonaio.


1 Mi chiamo vicolo del Fortino: così si dice nel libro “San Miniato al Tedesco”, scritto tante decine d’anni fa dalla giovane studiosa Laura Cristiani Testi.
Pensavano che non avessi un nome, quindi non ho avuto neanche una targa.
C’era un fortino qui vicino, era rimasta solo una porta, poi nel 1944 è saltata in aria anche quella e non c’è stato pi nulla.
I vecchi vicoli vanno salvaguardati: ormai si contano quasi sulle dita di una mano sola......
La strada di crinale ne era tutta attraversata, portavano vento e merci dalla campagna, sui due versanti di questa lunga collina.
2 Io sono una carbonaia....Quando c’erano le fortificazioni, tutt’intorno a San Miniato diviso in terzieri organizzati per sopravvivere indipendentemente con l’ospedale, la scuola, le riserve di acqua e di viveri, c’erano le carbonaie, fossati pieni di braci ardenti per scoraggiare il nemico durante gli assedi.
Tante città antiche erano così. Lo statuto del comune d San Miniato del milletrecento.dava disposizione di come questi luoghi dovevano essere attentamente mantenuti perchè le difese fossero efficienti.
Sovrastava il paese la parte più munita e forte, con la rocca e il castello imperiale.
Questo si sa solo da poco; è il frutto di un recente studio di Emilia Marcori.
Anche in un dipinto di Palazzo Vecchio il castello di Federico e la Rocca sono così raffigurati.
3 Ora sono un viottolo carbonaio....Secoli dopo le fortificazioni non servivano più e le mura furono vendute. Diventarono una cava di mattoni per costruire i palazzi e le chiese. Al posto delle fortificazioni sorsero i muri dei grandi orti sospesi, dove si coltivavano verdura e frutta per le case del paese. Gli orti si annaffiavano con l’acqua delle profonde cisterne e si concimavano con gli scarichi delle case.
I nuovi muri erano sostenuti da archi di fondazione; una porta o una scaletta portava al viottolo carbonaio che girava tutt’intorno all’abitato. Dalla campagna arrivavano provviste alimentari, legna e carbone.
Era un’economia senza sprechi. Ora i tubi di plastica portano a valle le grandi quantità di acqua che ognuno di noi consuma e che, lasciate a se stesse innesterebbero paurose frane. Dovremo trovare un sistema per mimetizzarli.
4 Ero il muro dell’orto della Crocetta.....Siamo dietro all’oratorio della Crocetta; Il grande orto a valle, che ha perso gran parte del muro di sostegno era coltivato a carciofi, a lungo uno dei prodotti di pregio delle nostre pendici a sud. Dietro la recinzione ci sono i resti di una vita: bottiglie piatti, boccette di vecchi medicinali,vasi da notte, ruote d’auto. Lungo tutto il percorso, che abbiamo ricostruito e ripulito, era un po’ così. Quando nel dopoguerra non è stato più utile per portare alle case i prodotti della campagna, il sentiero è diventato il luogo di scarico di rottami di ogni genere. Lo stiamo ancora ripulendo.
5 Sono il muro di Palazzo Formichini....l’edificio del cinquecento è uno dei moltissimi minati nel 1944 dai tedeschi in ritirata per ostruire la strada; diventato dopo la sua ricostruzione sede della Cassa di Risparmio. Il bellissimo giardino gentilizio che s’intravede è difficilmente accessibile ed è un vero peccato. Chissà se sarà possibile collegarlo al vicolo permetterne la visita.
6 Sono una strada fatta per i lavori di consolidamento----- Quando l’erba e i rovi sono tagliati da qui si scende a valle e, da un tratto di via della fornace ci si collega al braccio di un più recente bellissimo percorso tutto in ombra, che scende sotto la Misericordia. Il mucchio che vedete è una parte dei rottami raccolti in tante settimane di lavoro.
7 Ero il grande orto dei domenicani.......ero qui fino agli anni sessanta. Mi fiancheggiava via di Marzana, che passava sotto la casa di contadini del convento. Eri così imponente nel paesaggio della città che è tante volte rappresentato nelle immagini antiche. L’ultima di queste è una foto che mostra san Miniato senza la rocca, minata nel quarantaquattro, scattata certamente prima della sua ricostruzione della fine degli anni cinquanta. La strada forse allora non c’era già più e quando, dopo il 1861, anno dell’unità d’Italia, fu costruito l’ufficio postale, la sua apertura sulla strada di crinale fu ridotta ad un budello.
8 Qui le acque scendevano senza alcun controllo e provocarono una terribile frana, ma vanno tenute ancora d’occhio; è una cosa che veniva prescritta nella statuto del trecento. Anche l’edificio domenicano, passato nel 1856 definitivamente al Comune dopo le spoliazioni napoleoniche dell’inizio del secolo, con il chiostro aperto sulla strada e gli altri volumi utilizzati come uffici pubblici, fu lesionato dalla frana. Si stava staccando tutto l’angolo ovest. Il Genio Civile mise mano ad un grande intervento di regimazione delle acque e di consolidamento del versante costruendo gabbionate e muri di cemento, ora coperti da arbusti e canneti dopo i lavori di ricomposizione paesistica fatti all’inizio degli anni duemila, poi abbandonati.
9 Ero una scidella della mensa dei frati.....In quest’area ogni tanto si trovano resti di antiche scodelle con i colori e l‘immagine del manto domenicano. Piccoli frammenti di terracotta colorata affiorano un po’ dovunque lungo il percorso. Ad est dell’antico orto dei frati la via Angelica. E’ stata restaurata da poco e vi si accede da un cancello accanto alla chiesa domenicana. Non lasciamoci ingannare dalla dolcezza del nome. Da questa stradina arrivavano in Gargozzi, dopo una notte di penitenza in una cappella affrescata lungo il suo percorso, i condannati al taglio della gola. La valle è stata a lungo un luogo di esecuzione.
10 Se si ascolta bene si sentono antiche voci di vecchi e di bambini. Secoli dopo, questo versante della collina, conca a biscondola, protetta dal vento di tramontana, è stato a lungo frequentato dalla gente per riscaldarsi al sole nelle fredde giornate d’inverno.Qui si coltivavano le palme, gli aranci e i limoni. Qui sono stati tentati esperimenti di coltivazioni precoci crudelmente castigati dalla terribile gelata del 1929.
11 Sono il muro della Misericordia.....Ora stiamo salendo una rampa costruita 10 anni fa e ormai bisognosa di restauro. Siamo sotto il muro dell’orto di palazzo Roffia, uno dei numerosi costruiti nella seconda metà del cinquecento dalla bottega dell’architetto fiorentino Giuliano di Baccio d’Agnolo. A lui appartengono i progetti di palazzo Grifoni uno dei più imponenti della città, ricostruito da vent’anni dopo la sua parziale demolizione durante la guerra e di altri nobili edifici, edificati probabilmente con i mattoni delle antiche fortificazioni, con cui le famiglie patrizie manifestavano il loro potere e la loro ricchezza, L’antica Arciconfraternita della Misericordia vi ha da gran tempo la sede. Il suo grande orto è la più bella terrazza sulla valle.
12 Ecco via Augusto Conti. Un grande personaggio sanminiatese,,,,,,Passiamo sotto l’ingresso carraio dove ogni anno nidificano le rondini. Sul lato destro una lapide ricorda don Ruggini, uno dei fondatori del Dramma Popolare, sacerdote di grande umanità e straordinaria cultura. Ora siamo di nuovo sulla strada di crinale che abbiamo aggirato per seicento metri. Il sentiero che abbiamo fatto è tutto pedonale. Davanti a noi il grande muro di uno de palazzi federiciani, con una piccola meridiana di marmo. Il nostro percorso oggi è finito, ma quello dell’associazione Moti carbonari è appena cominciato.

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