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STORIA A FUMETTI DEI VICOLI
CARBONAI
N. 1
Il territorio di San Miniato é stato abitato dagli Etruschi e dai Romani.
Un documento attesta che nel
713 alcuni nobili longobardi costruiscono sul colle la chiesa dedicata al
martire Miniato. Studi recenti rimandano a più tardi la fondazione di San
Miniato; che diverrà uno dei maggiori castelli del Valdarno.
Nel 938 il vescovo di
Lucca, che domina la zona, concede
alla famiglia Lambardi la chiesetta di San Miniato e le case intorno.
Oldalberto dei Lambardi costruisce
un piccolo castello sulla parte più alta della collina. La famiglia Lambardi ha
poi il possesso del feudo di Quaranziana e del territorio di San Genesio.
N. 2
Nel 1047 l’imperatore Enrico III ingloba nell’Impero germanico il
castello, da allora detto “San Miniato al Tedesco” perché residenza dei vicari
imperiali. A San Miniato sono pagate le tasse della Tuscia (Toscana, Umbria occidentale, alto Lazio e ducato di Spoleto).
Per questo il castello é fortificato e vi é costruito un palazzo imperiale per
ospitare i vicari e gli imperatori.
N. 3
Nel
medioevo i castelli si difendevano cingendoli con mura, a loro volta protette
da fossati, ripe e carbonaie. In pianura i fossati sono riempiti d’acqua, in
collina per lo più con carbone acceso per ostacolare l’attacco nemico. Le ripe sono
così inclinate da non poterci
salire o appoggiarvi scale per arrampicarsi sulle mura. I chiassi, o vicoli
carbonai, di San Miniato si sviluppano nel Medioevo con l’estensione del
sistema difensivo del castello. Man mano che le mura castellane si ampliano sono
creati intorno nuovi fossati e nuove ripe.
N. 4
Nel 1172 San Miniato, alleata con Firenze e Pisa contro
l’imperatore, é distrutta e solo due anni dopo il vicario dell’impero permette di
ricostruirla. A seconda del vantaggio politico San Miniato stipula più volte alleanze
con l’impero o con le altre città, con il principale scopo di distruggere San
Genesio, importante nodo economico attraversato dalla via Francigena. Tra il
1188 ed il 1198, S. Genesio, é distrutto due volte dai sanminiatesi, per essere
poi ricostruito. Nel 1217 i sanminiatesi ottengono da Federico II il controllo
su San Genesio, ma nonostante questo, nel 1248 le truppe sanminiatesi lo radono
al suolo; allora il borgo non sarà più ricostruito. A causa delle continue ribellioni di San Miniato contro
l’impero, Federico II fa abbattere le case torri dei nobili sanminiatesi.
N. 5
Dal 1209 il castello di San Miniato viene ampliato: il palazzo
imperiale ingrandito e restaurato, rafforzate ed estese le fortificazioni e
costruita la rocca, dove si narra che, nel 1249, sia morto suicida Pier delle
Vigne, segretario del’imperatore, accusato di tradimento. Più volte gli
imperatori germanici soggiornano a San Miniato; Federico II dimora nel castello
imperiale nel 1226. San Miniato continua ad allargare il proprio dominio
assoggettando, oltre ai più vicini castelli di Montebicchieri, Stibbio, Cigoli,
anche Castelfafi, Vignale, Fondo e Camporena. Nella prima metà del XIV secolo
sono ancora sotto il suo controllo 40 tra castelli, “ville” e “terre”.
N. 6
Nei
periodi di pace i fossati , che si ramificano e si estendono intorno alle mura
e verso valle, sono usati come vie per l’approvvigionamento della popolazione. Man
mano che il sistema difensivo si amplia, racchiudendo nel suo interno il borgo
nato intorno al cassero, nasce l’esigenza di raggiungere l’abitato per portarvi
i beni di prima necessità e dove acquistare quello che il lavoro agricolo non
dà. Il collegamento tra il castello e le campagne é assicurato dalle strade principali
che raggiungono le quattro porte, su ciascuna delle quali fa capo un forte (di
San Martino, di Fuori di Porta, di Poggighisi e di Sant’Andrea) e dai vicoli,
per tratti lastricati (vedi vicolo di Pancole). Alla fine di queste strade
secondarie, vicino alle mura, ci sono due porte (interna e esterna), senza un
vero e proprio forte di difesa.
N. 7
Nel
XIV secolo i vicoli carbonai sono almeno 18: quello di Ser Ridolfo, di Santa
Chiara, del Fortino, di Porta Ser Ridolfo, di Marzana, della Cisterna, delle
Corna, di Gargozzi, delle Fornaci, di Bellorino, di Borghizzi, Sotto Pancole,
di S.Andrea, delle Fonti alle Fate, del Fondo, di Faognana, di San Martino e
della Cisterna. Grazie a questi percorsi si forma una rete viaria che percorre quasi
ad anello tutto il perimetro dell’abitato di San Miniato. Il circuito di
chiassi è testimoniato negli Statuti Comunali del 1337 che dà precise regole per la manutenzione delle strade, delle
ripe e delle carbonaie.
N. 8
Dopo la morte di Federico II aumentano i conflitti tra le classi
sanminiatesi dominanti e
quelli tra Firenze e Pisa. San
Miniato controlla tutte le strade terresti (la via Francigena) e fluviali (l’Arno e l’Elsa) e il suo
territorio diviene luogo di scontro, anche perché i sanminiatesi stipulano
un’alleanza con Firenze. Le truppe pisane devastano la campagna sanminiatese e
assediano San Miniato. Per lotte
interne il castello entra sempre più nell’orbita fiorentina; quando i
sanminiatesi tentano di frenarne l’espansionismo, Firenze assedia San Miniato che
deve chiedere l’aiuto dell’Imperatore. Nonostante l’invio delle truppe imperiali il castello é
conquistato da Firenze che nel 1370 assoggetta San Miniato e confisca le
proprietà dei ribelli.
N. 9
Le fortificazioni del castello sono modificate. La Pieve, oggi il
Duomo, è trasformata in arsenale e il prato del Duomo e tutto il castello
diventano un avamposto dove la popolazione non può entrare. Nonostante
l’occupazione militare fiorentina tra il 1402 ed il 1432 vi sono vari tentativi
di ribellione contro la dominazione fiorentina, guidati dalle famiglie
Mangiadori, Buonaparte e Bonincontri. Nel 1452 le fortificazioni sono
restaurate per l’ultima volta.
Nel 1529 San Miniato subisce l’ultimo assedio dalle truppe
spagnole di Carlo V. In un primo momento il castello é liberato da Francesco
Ferrucci, poi le truppe imperiali avranno la meglio.
N. 10
Dopo
la conquista fiorentina ed il dominio di Firenze sui più importanti centri
toscani, a seguito della maggiore stabilità politica, fin dalla seconda metà
del Cinquecento, s’inizia a smantellare le antiche fortificazioni del castello
e ad eliminare ripe e carbonaie, rendendo così disponibili per altri usi le
superfici sulle quali, dopo averle acquistate dai Capitani di Parte di Firenze,
sorgerà l’edilizia privata. Intorno al 1550, Michele
Mercati acquista tutta l’area intorno alla rocca incominciando il lento e
costante disfacimento delle antiche fortificazioni. Il materiale che ne viene
ricavato é utilizzato dalla popolazione e dai ricchi nobili sanminiatesi per la
costruzione di edifici sacri, civili e privati. La vendita dei terreni,
prima usati come vicoli carbonai, è documentata in vari atti, tra cui le
delibere della comunità, ma anche in atti privati. In particolar modo si
documenta anche come in questi spazi pubblici siano costruite nuove abitazioni
o come si destinino tali terreni alle coltivazioni. La vendita delle ripe e
carbonaie continua ancora nel XVIII secolo.
N. 11
Nel 1622 San Miniato é elevata a sede di Diocesi; i vescovi che si
susseguono dal 1650 al 1713 costruiscono e ampliano il Seminario Vescovile,
acquistando le abitazioni addossate alle mura castellane e comprendendole nella
nuova costruzione. Così è chiuso uno dei vicoli carbonai che qui si trovava e
la porta Medievale detta “delle Corna”.
Già a partire dalla metà del Cinquecento tutta la città è trasformata
con la costruzione di importanti palazzi, come il palazzi Grifoni, Gucci,
Buonaparte, Ruffoli, Roffia, oltre a vari edifici sacri come il convento e la
chiesa della Ss. Annunziata, oggi detti di San Martino, la chiesa ed il
convento della Santissima Trinità, e molti altri. Lungo i vicoli carbonai si affacciano
gli orti delle case, tutti collegati al vicolo con una scala o una porta. I
vicoli sono collegati alle fonti di San Carlo, Fonte alle fate, Pancole, dove
si attinge l’acqua da bere.
N. 12
Il Settecento è per San Miniato un secolo importante. Gran parte
delle chiese sono restaurate ed é rifondato e costruito l’ospedale dei Poveri
Infermi. Alcuni edifici sacri, come il convento di Sant’Agostino, sono chiusi e
riconvertiti ad uso pubblico. I numerosi cimiteri interni alla città sono trasferiti e ne viene costruito
uno nuovo nei pressi della località “Poggio a Volpaia”, dove é ancor oggi. Molte compagnie religiose
sono soppresse e le loro proprietà
vendute e riconvertite ad altri usi. Sul finire del secolo gli ospedali dei
Poveri Infermi e di Santa Maria
della Scala, detto dei Gettatelli e risalente al 1333, sono riuniti in un unico
ospedale chiamato “Ospedali Riuniti di San Miniato”. I vicoli carbonai, per la
parte che percorreva il circuito intorno alla città, sono ancora in gran parte
ad uso pubblico, come si può vedere dagli atti del Comune e, formando un anello
intorno alla collina, costituiscono una valida viabilità secondaria, usata come
collegamento tra la pianura dell’Arno e la città e tra la parte della Val
d’Egola e San Miniato. La fine del secolo vede la città travolta da coloro che
abbracciano le idee giacobine e gran parte degli stemmi nobiliari posti sulle
facciate della città e all’interno degli edifici e delle chiese sono distrutti:
Abbattuta anche la statua dedicata a Maria Maddalena d’Austria, granduchessa di
Toscana, che nel 1622, aveva elevato San Miniato al rango di città (un suo
frammento è al bivio di Sant’Andrea).
N. 13
L’Ottocento è un secolo di grandi trasformazioni sia
amministrative che politiche. Per un certo periodo la Toscana entra nel regno
d’Etruria, per poi essere annessa sotto il diretto dominio dell’impero
napoleonico. Questo secolo vede la restaurazione granducale del 1815, col
ritorno di Ferdinando III ed in seguito il regno di Leopoldo II, cui i
sanminiatesi erigono la statua di
piazza Buonaparte. Durante il
Risorgimento San Miniato partecipa con alcuni volontari alla liberazione
dell’Italia dagli Austriaci. Sia durante il regno di Napoleone che con il regno Sabaudo molti edifici sacri
passano al demanio dello Stato. Ad esempio i chiostri d San Domenico e l’antico
convento della SS. Trinità che diviene il Ginnasio sanminiatese. Qui sono ancor
oggi le scuole cittadine.
Molti tratti dei vicoli carbonari ancora esistenti sono ceduti a
privati e scompaiono definitivamente. Anche fattori naturali, come le frane,
contribuiscono a scomporre questa viabilità secondaria. Sono tratti di vicolo che collegano San
Miniato al circuito intorno alla città, ma anche alcuni pezzi di questo.
N. 14
Il Novecento è il secolo delle due grandi guerre. La prima è
ricordata per il gran numero di morti, anche sanminiatesi. La seconda è
ricordata non solo per i lutti, ma anche per la distruzione della città.
Infatti nel luglio del 1944 gran parte delle case, palazzi ed edifici pubblici
di San Miniato sono minati dalle truppe tedesche in ritirata ed abbattuti.
Scompaiono il teatro cittadino, la Rocca, insieme a palazzi antichissimi; un
patrimonio artistico di inestimabile valore. Nel luglio 1944, cinquantasei
vittime innocenti, rifugiatesi con gran parte della popolazione in Duomo, sono
uccise da una cannonata. La ricostruzione della città per metà distrutta é
graduale e il ritorno alla normalità lento e doloroso. Solo nel 1956 fu ricostruita
la Rocca, simbolo della città.
N. 15
Con l’introduzione dei veicoli a motore i vicoli perdono il loro
ruolo di collegamento con la campagna e non più utilizzati e mantenuti,
diventano impropria discarica delle case. Incomincia anche l’abbandono dei
versanti un tempo tutti coltivati, la frana dei vicoli e l’acqua, anticamente
conservata nelle cisterne come bene prezioso, erode il terreno a valle. I piani che regolano l’organizzazione
della città, parlano da cinquant’anni dell’importanza della ricomposizione dei
vicoli carbonai per il buon funzionamento di San Miniato, ma, nonostante che alcuni
lavori vengano fatti, la mancanza di risorse non permette soluzioni efficaci e
molti muri degli orti crollano o sono pericolanti. L’affaccio dalla città verso
la valle a sud è perduto.
N. 16
Nel 2010 un gruppo di cittadini costituisce l’associazione di
volontariato Moti Carbonari. ritrovare la strada, col proposito di riuscire,
attraverso la forza delle idee e delle braccia, a contribuire alla riapertura
dei vicoli. Il tratto del vicolo sud per oltre 700 metri (da via Carducci, la
Nunziatina, vicolo di Gargozzi, rampa che sbuca accanto alla scuola elementare)
è ricostruito per il lungo tratto scomparso, ripulito dalla vegetazione
infestante, dotato di parapetto e
reso completamente percorribile. Nel corso dei lavori, svolti principalmente la
mattina della domenica, é stata raccolta una grande quantità di spazzatura e di
macerie. Lungo il vicolo ci sono pericolose perdite dei tubi di scarico. La responsabilità dello stato di abbandono e di degrado
manifestatosi negli ultimi decenni nei vicoli è di tutti, privati ed enti, ed il
loro recupero e la loro valorizzazione deve passare necessariamente dalla collaborazione
di tutti. Cosa potranno essere i vicoli per la città? Un luogo dove camminare,
correre e scaldarsi al sole, una nuova risorsa turistica lungo i bellissimi
orti terrazzati, un più semplice accesso per i lavori agli antichi edifici, la
valorizzazione agricola della campagna abbandonata, un luogo dove raccogliere
le acque riducendo frane e smottamenti, una maniera diversa di vivere San
Miniato.
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